Erano
anni che giravo attorno a Walser. Lo tenevo d’occhio, andavo a spiarlo, vedevo
le copertine, leggevo le sinossi. Infine ci siamo ritrovati allo stesso
incrocio, guardati negli occhi, e mi ha teso la mano. Folgorazione. Siamo nel
campo della letteratura pura. Costruzione romanzesca scarnificata. La voce che si apre spazi nel vuoto, dice sommessamente, vincola ed elude. La
vicenda progredisce senza reale progressione. La storia è scavata in
profondità, in una dimensione onirica e claustrofobica, con l’appendice dei dettagli
che sono il romanzo ma che qui risuonano come laterali all’Opera. La
verticalità del pensiero. Non si avverte il bisogno dei mezzucci stantii del
narratore, di un ordito di supporto, eppure Jacob
von Gunter vanta una struttura solidissima. Miracoli della grandissima
scrittura.
Walser giovane_ (Sento quanto è scarso il mio interesse per
ciò che si chiama mondo, e come invece mi appare grande e affascinante quello
che, nel più profondo silenzio, chiamo mondo io)
A chiudere gli occhi si ha la sensazione di essere avvolti dalla cascata rugiadosa di questa prosa, dolcissima e straziante, si è come avvinti sotto un cielo trapunto di stelle, carezzati dal nevischio, titillati da una brezzolina amorosa, e non so a quali altri triti lirismi appellarmi per farvi capire.
I
fatti: Jacob e altri ragazzi si trovano nell’Istituto Benjamenta per imparare a
servire. Esattamente, per diventare fedeli servitori di un padrone. Ma i
professori latitano. Forse dormono, non esistono. C’è la signorina Benjamenta
che insegna. Ma cosa? Fanfaluche e
ridicolaggini. Si imparano cose a memoria. Ma perché un giovane di nobile
famiglia decaduta deve condannarsi a un futuro di sottomissione? L’esito
vagheggiato è l’autoannientamento o la liberazione (dal mondo sociale)?
infischiarsene del luccichio della grandezza
e chiamare grande ciò che è invece grigio, muto, duro e basso.
I
principi che muovono la scrittura di Walser sono gli stessi dell’Istituto:
Una delle massime fondamentali della nostra
scuola è: “Poco, ma a fondo”.
gli
stessi di Jakob
Mi sentirei piuttosto attratto dalla
profondità, dall’anima che non dalle lontananze e dagli spazi. Indagare ciò che
è a portata di mano.
Per
inciso: Walser aveva un ammiratore speciale: Kafka. Il quale leggeva i libri di
Walser ad alta voce, ridendo a crepapelle. Suppongo che questo passaggio di
Jacob von Gunten gli abbia fornito spunti interessanti…
Pensavo che là, dietro quella porta da cui
sempre esce ed entra la signorina, ci fosse un visibilio di stanze o di sale,
come in un castello
Credo
di avere una nuova dipendenza.
Mi
concederà altri Walser, signor Robert?