venerdì 3 novembre 2017

Quel giorno memorabile




Così il 12 novembre del 2002, all’età di 28 anni, mi accomodo davanti a uno schieramento di docenti. (Come ogni laurea che si rispetti era scritta a quattro mani, con una persona di fiducia. Studiarmi la parte storica mi annoiava a morte.) 
Devo parlare in inglese, quindi l’inizio della mia relazione è tutto un susseguirsi di patetici balbettamenti. Vedo la faccia del mio relatore tramutarsi lentamente in qualcosa che non avevo mai visto, ma il messaggio mi arriva chiaro: cosa diavolo stai farfugliando, Monte? 
Un po’ alla volta mi sciolgo, inizio a esprimermi in un inglese decente, dozzinale ma almeno smetto di far ridere. 
A un certo punto posso finalmente parlare nella mia lingua e penso che il peggio è passato. 
Mi pareva in effetti assurdo pretendere da me che mi esprimessi fluentemente in lingua inglese solo perché stavo per laurearmi. 
Il resto della mia relazione si è perso nella nebbia, ma ricordo bene che alla destra del mio campo visivo un fotografo continuava ridicolmente a scattarmi foto sempre dalla stessa posizione, a volte in piedi, a volte piegandosi sulle ginocchia. 
Poi, la svolta: 
La controrelatrice mi incalza, mi sbatte in faccia tutte le mie manchevolezze: nella tesi non ho scritto nulla di Dos Passos, e Mario Puzo che fine ha fatto? Come posso pensare di presentare una tesi sulla letteratura d’immigrazione americana senza citare questi grandi nomi? 
Mi butta a terra, non me lo aspettavo. 
Francamente non mi credevo responsabile di così gravi omissioni. 
Sono costernato, a disagio, poi provo un moto di orgoglio. 
All’epoca ero un Fantiano facinoroso, come ora. Solo che a quei tempi era da poco iniziata la mia brillante carriera di narratore e non facevo che scribacchiare romanzi Fantiani epigonali di infimo livello, insomma tutt’altra roba rispetto ai capolavori sfornati negli ultimi anni. 
La mia costernazione diventa ben presto odio furioso verso la controrelatrice, che evidentemente non ci ha capito un cazzo: 
Ma quali Puzo e Dos Passos, santiddiio, qui stiamo parlando di Fante, stronza maledetta! Non è un F O T T U T O S C R I T T O R E E T N I C O! 
Alla fine lo tengo per me, ed è finita. 
Stringo le mani a tutti. 
Mi ero seduto con un mediocre 88 di partenza, mi alzo con un poco onorevole 92. 
Be’, dei voti me sono sempre infischiato. Durante quei sette anni cestinati nelle aule universitarie ho studiato davvero poco, meno che a scuola. Ricordo ancora con piacere il mio unico 30 in Linguistica Generale, ma con buona soddisfazione anche i miei 18 in Storia Moderna e Filologia Germanica. Dovevo solo andare avanti e togliermi quella spazzatura di dosso. 


Quello che proprio non ricordo è il 18 in Italiano Scritto nel gennaio 2001. 
Ah ah! Gli scherzi del destino! Mi viene subito in mente Einstein e i suoi problemi scolastici con la matematica. 1895 e 2001, ecco due anni chiave della Storia. (In realtà quella su Einstein pare sia una diceria, ma non ho resistito al parallelo tra questi due grandi uomini, Einstein e me). 
Dunque me ne vado, mesto e scalcagnato, alleggerito ma anche addolorato per la pessima figura, quando mi imbatto in un amico di studi universitari (tra l’altro anche lui aspettava di laurearsi quel giorno con una tesi su John Fante). 
Va be’, te la sei cavata, complimenti. 
Me lo dice o è quello che la sua smorfia sembra dirmi. 
Bah, stronzate, sembravo un vero coglione!
Quindi esco con la mia scarpa sinistra con la punta bucata. Non mi mancava neanche questo. O forse era quella destra. Al limite erano bucate entrambe. 
Il resto del mio abbigliamento non lo ricordo, ma non doveva essere molto meglio delle scarpe. 
A quel punto quello strano uomo del fotografo mi propone l’acquisto delle sue foto a un prezzo folle. Trecento euro, se ricordo bene. Gli dico che non mi servono. Figuriamoci se ho voglia di ricordarmi di questo giorno. Così se ne va, scontento, con il suo bel malloppone di fotografie del dottor Monte. Beato lui! 
Non mi resta che tornare a casa. Non succede nulla. In aula non c’erano né amici né parenti a godersi il mio spettacolo, nessuno sapeva. Il giorno della laurea per i miei familiari era il 14 novembre, due giorni dopo. 
Avevo dovuto mentire. 
Non sopportavo l’idea di offrire il deprimente spettacolo della mia relazione di laurea a gente di mia conoscenza, mi sarei liquefatto per l’imbarazzo. 
Quando due giorni dopo però non mi decido ad alzarmi dal letto iniziano a chiedermi cosa sto aspettando: non rischio di fare tardi? 
Ma no, no, mi sono laureato due giorni fa. 
Mio padre se la ride sotto i baffi. 
Mia madre è risentita e non si fa scrupolo di manifestare questo suo sentimento: ma vai via, vai via! Non so dove sia finito oggi il mio diploma di laurea, era tutto bello arrotolato nel suo tubo e in camera non lo trovo più. Sarà finito in cantina. 
Anche quelle foto, se le avessi comprate, sarebbero probabilmente finite dentro quel tubo, in un luogo più triste e buio di una cantina, il Luogo delle Cose Inutili. 

Nessun commento:

Posta un commento

GENNAIO 1-Saul Bellow – Il dono di Humboldt 2-Shirley Jackson – La lotteria      (e-book) 3-Thomas Bernhard – Amras 4-Diego De Sil...