lunedì 20 novembre 2017

Se quattro storie vi sembran poche...

4 3 2 1 è un romanzo scritto per accumulo, e tutto quello il lettore vi ritrova è un permanente piacere del narrare. Succedono un mucchio di cose. Il mero gusto della narrazione abbonda, anche in particolari superflui. Per questa ragione respingo con forza per Auster l’accusa di celebralismo, così come l’idea che Auster divaghi mettendo da parte la sostanza, che in realtà è anche nelle divagazioni (per esempio nella deliziosa storia delle scarpe Hank e Frank che ti fa quasi piangere per la morte di un paio di calzature) Respingo anche l’accusa che Auster abbia problemi a costruire personaggi e a rendere interessanti le sue idee. Anche se di tanto in tanto può essere stucchevole (vedi i perché e i percome della passione di Archie per Stanlio e Ollio, o la particolareggiata scoperta adolescenziale del sesso – già letta e riletta in mille libri di narrativa, o quando, a pagina 716, il buon Archie s'effonde in una smielata nonché improbabile dichiarazione d'amore e d'addio alla sua adorata Amy - Auster ha un'anima da parolaio che a volte non riesce a contenere), il lettore non può che gioire della penna Austeriana, vero è che bisogna avere la pazienza di scoprire i personaggi, forgiati in maniera convincente (anche se verbosa) e seguire gli avvenimenti mentre si naviga sul fiume in piena di una prosa tumultuosa che trascina con sé anche un po’ di sterpaglia – molto poca, a dire il vero (uno stile per accumulo può fuorviare anche il lettore più scafato, e convincerlo che lo scrittore non abbia sufficiente talento per risultare convincente). Vero anche che la Storia così facendo resta sullo sfondo, almeno in alcuni passaggi, lontana come una cartolina attaccata con lo scotch, che poco può contribuire all’accrescimento del pathos. I brevi resoconti degli avvenimenti storici risultano poco incisivi, e quelli lunghi (poche pagine, per fortuna) restano laterali rispetto al cuore dell'opera, che è la sua quadruplicità.
4 3 2 1 racconta 4 storie alternative della vita di Archie Ferguson. In una il padre di Archie muore nell’incendio del negozio, in un’altra la famiglia Ferguson si è ridimensionata economicamente perché il padre ha dovuto prendere un negozio più piccolo, in un’altra il padre ha comprato altri due negozi, arricchendosi, in un’altra è morto Archie, a tredici anni, colpito dal ramo di un albero.  L’Autore salta dalla versione 1 alla 2 e via dicendo e non è sempre agevole capire in quale versione ci si trovi, ed è arduo ricordarsi, una volta tornati, per esempio, nella versione 3, tutti i particolari propri di quella versione, che si rischiano di confondere con quelli della versione 1 o della versione 4, a meno che non si legga tutto d’un fiato, ma è difficile farlo con un libro di 900 pagine. Il lettore è dunque costretto spesso a fare passi indietro, a fare i conti cioè con uno scalpitante Archie dodicenne che aveva lasciato nella pagina precedente vigoroso atleta diciassettenne di uno e ottanta, sportivo superdotato nonché gran fagocitatore di libri e film. Ricominciare sempre daccapo, stratagemma originale quanto straniante, eppure capace di avvincere se concepito da un maestro come P.A. Durante la lettura una domanda nasceva spontanea: la quadruplice storia ha una sua particolare valenza artistica o galleggia in superficie come semplice gioco letterario? Questa non è forse una domanda oziosa per il lettore che dalla letteratura cerca insieme alla maestria tecnica anche nuovi squarci di comprensione sul mondo. La risposta è, a ben pensarci, sì, è ben più di un divertissement. Possiamo sapere certe cose di Archie nella versione in cui vive in una famiglia abbiente, e altre cose nella versione in cui il padre è morto tragicamente e Archie deve affrontare quel dolore e poi anche la prova di un nuovo marito per sua madre. D’altronde Auster non si produce in salti mortali da una versione all’altra. Cambiano alcune piccole, grandi cose che a lungo andare generano enormi cambiamenti. 4 3 2 1 sembra la risposta alla domanda quante persone diverse possiamo diventare a seconda dei casi della vita, quante possibilità e sfumature della nostra personalità resteranno per sempre inespresse perché non sollecitate dalle contingenze, fino a quanto ci conosciamo veramente?

Il più grande difetto di 4 3 2 1?
L'algido resoconto storico delle due pagine finali (938-939) lascia molto perplessi
A che pro?

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